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fumare o scrivere ti suona strano, meglio le mani di un artigiano”

Quattro stracci. F. Guccini

Le mani di un artigiano”, le mani di mio padre.

Per svolgere bene questo lavoro che ho scelto, le mie sole MANI non potevano bastare, c’era bisogno della testa, ma soprattutto della sensibilità e del cuore.

La dimensione del mio lavoro è diventata perfetta e completa: un lavoro che parte dalle MANI ma che mi permette di mettere in gioco la mia TESTA e il mio CUORE.

Perfetto.

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Quando ho ascoltato per la prima volta questa canzone di Guccini ero poco più di un ragazzo, ma questi versi mi hanno sempre colpito.

“Le mani di un artigiano”, le mani di mio padre.

Mio padre grande lavoratore, mio padre artigiano.

Ho sempre avuto una venerazione per lui e le sue mani forti, capaci di cose straordinarie, le mani che portavano il pane a casa nostra.

Le ho sempre amate e perciò diventare un artigiano anch’io è stato quasi un destino.

Il mio destino.

E così dopo essere sempre stato il “golden boy” di casa, mi sono iscritto con entusiasmo ad Ingegneria a Padova, ma mi sono presto disamorato degli studi così teorici e poco pratici ed ho iniziato a lavorare di slancio con mio padre.

E lì un senso al mio “fare” l’ho trovato: le sue e le mie mani erano capaci di creare, aggiustare, sistemare.

Rendevamo le persone felici, loro sorridevano per noi.

E la mia mission da supereroe ha trovato uno scopo nella lotta alla miriade di impiantisti “cialtroni” i cui lavori malfatti incontravamo continuamente ed eravamo costretti a sistemare, se non a rifare completamente.

Agli occhi dei clienti che vedevano le loro case finalmente sistemate mi sentivo un supereroe: dove c’erano guasti, disordine, dove regnava il Caos noi riportavamo con pazienza e fatica l’equilibrio, l’ordine, l’armonia.

Ogni volta che finivamo un lavoro vedevo subito il risultato della mia fatica, subito lì davanti ai miei occhi, lo potevo toccare con mano…

E con il tempo ho scoperto una mia “via” nel fare il lavoro di mio padre…

Il mio percorso è iniziato con una cura in più per la selezione dei materiali, scegliendo i più innovativi in termini di performance e competitivi a livello di prezzo…

E ho sviluppato anche una sensibilità particolare per l’aspetto “umano” del mio lavoro: ho scelto di curare personalmente i rapporti con i clienti e i fornitori, stringendo legami personali di stima e di amicizia professionale.

Vedevo che le persone si fidavano di me, mi ritenevano degno di fiducia, quasi come uno di casa o di famiglia.

Entravo nelle loro case e nelle loro vite in punta di piedi, lavorando con discrezione e senza mai recare fastidio o disturbo inutile.

E se potevo lasciavo sempre un sorriso…

Eh sì, perché lavorare nelle case delle persone è una questione davvero molto delicata.

Varcando la soglia si entra nel loro nido, nella loro dimensione più intima e privata.

La casa è la fotografia della famiglia che vi abita, il ritratto più vero ed intimo.

Perciò ho capito che per svolgere bene questo lavoro che ho scelto, le mie sole MANI non potevano bastare, c’era bisogno della testa, ma soprattutto della sensibilità e del cuore.

E la dimensione del mio lavoro è diventata così perfetta e completa: un lavoro che parte dalle MANI ma che mi permette di mettere in gioco la mia TESTA e il mio CUORE.

Perfetto.

“Ogni giorno senza un sorriso è un giorno perso”.

Charlie Chaplin